Qual è la metodologia utilizzata per il simulatore di terremoti

Ai fini della ricerca votata all’elaborazione del sistema di simulazione dei terremoti, è stato preso in considerazione un “dominio” (una porzione di sottosuolo) di circa 50 km di lunghezza, 40 km di larghezza e 20 km di profondità. All’interno di questo dominio è stato ricostruito un modello digitale tridimensionale del sottosuolo, incorporando tutti i dati relativi alla microzonazione sismica raccolti dopo il sisma del 2009 dal Dipartimento di Protezione Civile, e alle informazioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia relative alle caratteristiche delle strutture di faglia.

Questo modello digitale di sottosuolo è attualmente uno dei più raffinati modelli elaborati in letteratura, ed è messo a disposizione di studiosi e istituzioni. Attraverso una conoscenza approfondita del sottosuolo e della superficie è possibile uno studio della propagazione di onde sismiche con un livello di risoluzione mai raggiunto prima: dell’ordine di qualche decina di metri.

Sull’area considerata incidono quattro faglie attive, dette anche strutture sismogenetiche: il distretto sismico del bacino di Montereale; il distretto sismico di Paganica, quello che ha originato il sisma del 6 aprile 2009, e la faglia di San Pio delle Camere, a est del capoluogo.

Per ognuna delle tre strutture di faglia prese in considerazione si hanno una serie di valori: la posizione, la lunghezza, le profondità minima e massima, l’inclinazione, la magnitudo massima registrata nella storia e la ricorrenza storica del movimento del sottosuolo.

Inoltre, le faglie hanno una propria struttura complessa non accessibile all’osservazione diretta – i terremoti nell’Appennino si generano a circa 10 km di profondità – nel simulatore la natura complessa delle faglie è modellizzata come strutture estese che si sviluppano in piani bidimensionali.

Nello studio condotto dal Gran Sasso Science Institute sono stati considerati nove scenari. Tre per ciascuna delle strutture sismogenetiche della Valle dell’Aterno: il bacino di Montereale, la faglia di Paganica e quella di San Pio delle Camere.

Gli scenari prendono in considerazione terremoti con la magnitudo massima mai registrata per ogni determinata faglia, che è legata alla dimensione complessiva della faglia. 

Per esempio, il sisma del 2009 è stato generato dalla rottura della struttura di faglia di Paganica con una magnitudo di 6.3 Mw molto vicina al massimo stimato per questa struttura. In questo caso sono stati simulati valori pari a 6.3, 5.8 e 5.3 Mw. Per il bacino di Montereale sono stati simulati terremoti di magnitudo 6.5, 6.0 e 5.5 Mw. Infine, per la struttura di faglia di San Pio delle Camere sono stati simulati terremoti di magnitudo 6.2, 5.7, 5.2 Mw.

Foto credit: Andrew Buchanan

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